Stanley Kubrick e la fotografia. Dalla street photography alla fotografia cinematografica
Nel corso della sua straordinaria carriera Stanley Kubrick (New York City, 26 luglio del 1928- St Albans, 7 marzo 1999) dirige appena tredici lungometraggi: se si escludono i tre film iniziali (una sorta di formazione artistica) e il controverso Spartacus (id., 1960), in cui subentra ad Anthony Mann, film in cui, tra l’altro, soffrirà molto la mancanza di totale controllo sull’opera, ci si rende conto di come, con appena nove titoli, Kubrick abbia ri-scritto la storia del Cinema, riuscendo a rivisitare e a stravolgere ogni genere cinematografico con cui si sia misurato (fantascienza, guerra, horror). E lo ha fatto unendo alla sua straordinaria visione una tecnica sempre all’avanguardia, spesso in anticipo sui tempi. Tra i tratti distintivi della sua estetica (come il travelling o l’ossessione per la simmetria), ciò che più di ogni altra cosa colpisce è l’uso che Kubrick fa dell’immagine e dell’inquadratura piegandola alla sua personale visione del mondo. Più che alla parola quindi (sebbene abbia tratto in pratica tutti i suoi film da testi letterari) Kubrick affida il suo cinema essenzialmente alle immagini e al loro rapporto con lo spazio e il tempo. D’altro canto, l’innato senso fotografico (e di conseguenza cinematografico), si manifesta in lui sin dalla giovanissima età: la passione per la fotografia scaturisce in Kubrick grazie al padre Jacob Leonard, che, oltre all’amore per gli scacchi, gli trasmetterà quello per la fotografia quando gli farà dono di una Graflex Pacemaker Speed Graphic (prodotta dal 1912 al 1973), utilizzata soprattutto in ambito fotogiornalistico dai fotografi americani fino alla metà degli anni ’60. Durante gli anni alla William Howard Taft High School Kubrick inoltre è il fotografo del giornale scolastico. La fotografia-simbolo che segna uno spartiacque (dalla passione alla professione) è quella in cui, Kubrick immortala un edicolante di New York rattristato per la morte (avvenuta il 12 aprile del 1945) del Presidente americano Franklin D. Roosevelt.
La forza e il valore di questa foto sono tali che la celebre rivista fotografica «Look» (fondata nel 1937, verrà chiusa nel 1971) la acquista per 25 dollari, inserendola come immagine conclusiva di un servizio dedicato al Presidente Roosevelt. Grazie a questo scatto (pubblicato il 26 giugno del 1945), «Look» mette Kubrick sotto contratto: a soli 17 anni, è il più giovane fotoreporter della rivista, per la quale lavorerà per cinque anni (fino al dicembre del 1950), sviluppando quelle basi e le sue capacità tecniche ed estetiche tra le strade e i quartieri della sua città, New York. Tra i soggetti più noti immortalati da Kubrick ricordiamo l’attore Montgomery Clift e Frank “The Voice” Sinatra, il pugile Rocky Graziano e la leggenda del baseball Joe Di Maggio, il compositore,
pianista e direttore d’orchestra Leonard Bernstein e l’attrice Betsy Von Furstenberg ritratta nel corso di una giornata tipica della sua quotidianità. Tra i tanti personaggi famosi ritratti, andrebbe aggiunto lo stesso Kubrick: celebre infatti il suo autoritratto in cui stringe tra le mani una Leika. Da segnalare inoltre le trasferte fuori New York, a Chicago, Ann Arbor (Università del Michigan) e Philadelphia, dove ritrae gli ambienti e i soggetti più differenti. Il corpus fotografico realizzato dal giovanissimo Stanley costituisce una sorta di storyboard preparatorio, grazie al quale il regista americano passerà al cinema. Durante gli anni presso la rivista «Look», Kubrick frequenta la comunità di fotografi newyorkesi, entrando in contatto con personaggi che finiranno per collaborare o influenzare la sua successiva carriera cinematografica:
Arthur Fellig (1899-1968), il primo street photographer americano (noto con il soprannome di Weegee che esercitò di certo una certa fascinazione e un indubbio spirito di emulazione nel giovanissimo Stanley). Fellig sarà consulente per Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964) e la voce del Dottor Stranamore (interpretato da Peter Sellers), inoltre, si basava proprio su quella di Weegee, in particolare sul suo accento austriaco, essendo nato a Złoczew, città dell’allora Impero austro-ungarico; per chi volesse approfondire la figura del fotografo e fotoreporter statunitense si consiglia la visione del film Occhio indiscreto (1992) diretto da Howard Franklin, con Joe Pesci, pellicola ispirata al lavoro di Fellig, in cui appaiono anche alcune sue note fotografie; Bert Stern (1929-2013), diventato famoso per una campagna pubblicitaria ‒ suo il leggendario primo piano di un bicchiere di Vodka Smirnoff nel deserto egiziano di sabbia rossa, con alle spalle la piramide di Cheope, a Giza ‒ che sarà l’artefice del manifesto originale del film Lolita, con l’immagine iconica di Lolita (interpretata dalla giovanissima Sue Lyon) che guarda in camera con gli occhiali da sole a forma di cuore e un lecca-lecca. Il lavoro più importante di Stern resta il servizio fotografico a Marilyn Monroe per la rivista «Vogue» nel giugno 1962, presso l’Hotel Bel-Air a Los Angeles, poco prima che l’attrice morisse. Da ricordare quindi l’influenza della celebre, rivoluzionaria fotografa Diane Arbus (1923-1971) che verrà omaggiata da Kubrick in Shining (1980) con l’inquietante apparizione delle famose gemelle, evidente riferimento a uno dei suoi scatti più celebri, Identical Twins (Gemelle identiche, 1967) e non solo.
In Shining, nella sequenza della donna cadavere rinvenuta da Jack Torrance nella vasca da bagno nella stanza 237, si potrebbe pensare ad un altro collegamento con la Arbus, che si suicidò, tagliandosi i polsi in una vasca da bagno (verrà ritrovata giorni dopo, in avanzato stato di decomposizione).
E nel cinema il talento fotografico di Kubrick troverà la sua dimensione più congeniale: dall’uso memorabile della carrellata all’interno delle trincee in Orizzonti di gloria (1957) agli effetti speciali (curati da lui stesso, che gli varranno il suo unico Premio Oscar) e le immagini senza tempo (preistoria e futuro) di 2001: Odissea nello spazio (1968), capolavoro dove tra l’altro usa in modo esemplare il cosiddetto front-projection (sequenza “Alba dell’uomo”), alle ottiche straordinariamente luminose e alla delicata eleganza descrittiva dello zoom in Barry Lyndon (1975), ai virtuosismi della macchina a mano e all’utilizzo del grandangolo per simulare la distorsione visiva della realtà in Arancia meccanica (1971), all’uso magistrale della steadicam® (condotta dall’ottimo Garrett Brown, inventore della stessa) in Shining. Nella sua carriera Stanley Kubrick firma la fotografia di tre cortometraggi Il giorno del combattimento (1951), Il padre volante (1951), The Seafarers (1953) e dei suoi primi due lungometraggi Paura e desiderio (1953) e Il bacio dell'assassino (1955). Si interessò quindi (anche se non ufficialmente) della cinematografia di Orizzonti di gloria e curiosamente, su richiesta dell’amico e scenografo Ken Adam (con il quale aveva già collaborato ne Il dottor Stranamore e Barry Lyndon), supervisionò l’illuminazione del set del film La spia che mi amava (1977), regia di Lewis Gilbert; l’amore per l’inquadratura lo portò infine anche a ricoprire il ruolo di operatore in più di un’occasione, per governare personalmente l’immagine.
I cinematographers che si alterneranno al fianco di Kubrick nel corso degli anni saranno: Lucien Ballard ASC per Rapina a mano armata (1956, b/n), George Krause per Orizzonti di gloria (1957, b/n), Russell Metty ASC per Spartacus (1960, colore), Oswald Morris BSC per Lolita (1962, b/n), Gilbert Taylor BSC per Il dottor Stranamore (1964, b/n), Geoffrey Unsworth BSC per 2001: odissea nello spazio (1968, colore), Douglas Milsome ASC-BSC per Full metal Jacket (1987, colore) e Larry Smith BSC per Eyes Wide Shut (1999, colore). Riguardo all’inglese Smith, c’è da aggiungere che proprio con il film di Kubrick, per il quale aveva già lavorato come elettricista e gaffer in Barry Lyndon e Shining, fece il suo esordio come cinematographer.
Un approfondimento a parte merita la collaborazione con John Alcott BSC (Londra, 1930 - Cannes, 28 luglio 1986), con il quale Kubrick instaura un sodalizio artistico tra i più suggestivi nella storia del cinema: è il cinematographer ideale per dare luce alle ossessioni, alle invenzioni, alle composizioni del visionario regista. Alcott firma come cinematographer aggiunto la fotografia di 2001: Odissea nello spazio, quindi Arancia meccanica, Barry Lyndon e Shining. Il punto più alto della loro collaborazione rimane il magnifico lavoro fatto in Barry Lyndon, dove tecnica (l’intuizione di Kubrick di adattare l’obiettivo fotografico Zeiss ‒ 50mm F. 0,7 ‒ alla macchina da presa Mitchell BNC, avvalendosi della collaborazione di Ed Di Giulio, tra i massimi esperti del tempo delle tecniche cinematografiche) e poesia (la luce naturale, le riprese a lume di candela, i paesaggi raffigurati come quadri) si fondono in un tutt’uno, in un vero e proprio trionfo dell’atto del vedere, segnando una pietra miliare nella storia del cinema e della cultura del XX secolo.
Se è evidente l’importanza della sperimentazione di lenti e obiettivi all’interno del suo processo creativo, altrettanto importante è la conoscenza della Storia dell’Arte: non trascurabili infatti sono i riferimenti pittorici – in particolare Thomas Gainsborough, John Constable e William Hogarth – che rendono alcune sequenze di Barry Lyndon veri e propri tableaux vivants. Grazie a questo magnifico affresco storico (mai prima di allora il Settecento era stato mostrato su uno schermo in tutto il suo splendore), Alcott si aggiudicherà un meritatissimo, doveroso Premio Oscar (l’unico della sua carriera). La sua folgorante ma breve avventura cinematografica (una ventina di titoli in totale) venne interrotta tragicamente da un infarto durante un viaggio con la moglie nella Francia meridionale: la prestigiosa British Society of Cinematographers ha istituito in sua memoria il “BSC ARRI John Alcott Memorial Award”.
Il suo Oscar per Barry Lyndon si andrà ad aggiungere a quello ottenuto da Metty per Spartacus, portando a due il numero di Premi Oscar conseguiti dalla Cinematografia nei film di Stanley Kubrick. A conclusione di questo breve viaggio non si può non fare riferimento al finale di Shining, dove una lenta carrellata in avanti accompagna lo spettatore verso una parete sulla quale sono appese delle foto in bianco e nero (per la precisione sette file da tre); su una di queste (quella al centro esatto della disposizione), la macchina da presa (sulle note del brano Midnight, with the Stars and You eseguito da Ray Noble) stringe con una serie di dissolvenze sul protagonista della pellicola, Jack Torrance interpretato dall’attore Jack Nicholson, mostrandoci la data 4 luglio 1921. Anni dopo l’uscita del film si scoprì che la foto in questione risultava essere un magistrale esempio di fotoritocco (eseguito con l’aerografo). Ebbene sì: non una foto di scena realizzata appositamente per il film, bensì una foto reale, già esistente, su cui venne inserito Jack Nicholson. Una trovata che generò una sorta di leggenda, alimentando il mistero del finale. Stanley Kubrick si spinse oltre il ruolo di cineasta; il suo non fu soltanto un talento visionario e filosofico, ma anche tecnico, e lo ha dimostrato in ogni sua opera, che fosse scatto fotografico o immagine in movimento.
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