Joan Churchill è una filmmaker e cinematographer che ha iniziato la sua carriera con una serie di film musicali, tra cui Gimme Shelter, No Nukes e Jimi Plays Berkeley. La sua filmografia include An American Family, Punishment Park e Pumping Iron, nel quale ultimo presenta al mondo uno sconosciuto Arnold Schwarzenegger. In collaborazione con Nick Broomfield, Churchill ha realizzato dieci film, tra cui Soldier Girls, con il quale ha vinto un Bafta Award per la categoria miglior documentari. Churchill è stata la prima cinematographer di documentari ad essere ammessa nell'American Society of Cinematographers (ASC). Infine, ha prodotto, diretto e fotografato il documentario Shoot from the Heart dedicato al leggendario Haskell Wexler ASC, del quale quest’anno si è celebrato il centenario della nascita (Chicago, 6 febbraio 1922 – Santa Monica, 27 dicembre 2015), tra i più grandi cinematographers della storia del cinema. Nel corso della sua carriera Wexler si aggiudica due Academy Awards® – Premi Oscar® con Chi ha paura di Virginia Woolf? (1967), regia di Mike Nichols, e Questa terra è la mia terra (1976), regia di Hal Ashby. Firma la cinematografia di film-cult come: La calda notte dell'ispettore Tibbs (1967) e Il caso Thomas Crown (1968), diretti entrambi da Norman Jewison, Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), regia di Miloš Forman, Tornando a casa (1978), regia di Hal Ashby, I giorni del cielo (1978), regia di Terrence Malick, Matewan (1987), regia di John Sayles, Scandalo Blaze (1989), regia di Ron Shelton. Wexler è entrato a far parte dell’ASC il 12 settembre del 1966, ha diretto diversi documentari e il notevole lungometraggio America, America, dove vai? (Medium Cool, 1969). Il talento di Wexler è stato omaggiato con una stella nella “Hollywood Walk of Fame”.
Insieme ad Alan Barker hai diretto Shoot from the Heart, documentario dedicato al leggendario cinematographer, vincitore di due premi Oscar, Haskell Wexler. Sei stata il primo membro ASC il cui invito a entrare nell’Associazione si è basato esclusivamente sul lavoro documentaristico, mentre Barker è un prolifico sound designer. Come è nato questo progetto? Cosa ti ha spinto a fare il film?
Haskell era un caro amico e abbiamo trascorso molto tempo con lui. Negli anni successivi alla sua carriera a Hollywood, Haskell era interessato principalmente al lavoro documentaristico. Avevamo molto in comune in quel settore.
Hai lavorato infatti, come cinematographer e operatore di ripresa, con Wexler in diversi documentari diretti da lui stesso, come Bus Rider's Union, Who Needs Sleep? e From Wharf Rats a Lords of the Docks. Come vi siete incontrati?
Quando mi stavo preparando a girare Punishment Park nel 1970, Haskell mi ha chiamato di punto in bianco con suggerimenti su come illuminarlo e fotografarlo. Mi ha aiutato a costruire le luci che abbiamo usato nel film. Non so come abbia saputo di me o del progetto. Questo è il tipo di uomo che era, pura generosità, disinteressata.
Shoot From the Heart è il nuovo titolo del documentario, ideato da Rita Taggart, la vedova di Wexler. Ma originariamente era intitolato My Dinner with Haskell, giusto?
In origine era il nostro titolo provvisorio. Il progetto ha attraversato molte fasi nel corso degli anni, ma abbiamo continuato a tornare a quella meravigliosa cena con Haskell, Pennebaker, me e i registi Nick Doob e Chris Hegedus (la moglie di Penny). Alla fine volevamo un titolo che parlasse più di chi fosse Haskell.
Shoot from the Heart è uscito ufficialmente gli ultimi mesi dello scorso anno?
Sì.
In che periodo hai girato il documentario? Quanto tempo sono durate le riprese?
Abbiamo girato dal 2005 al 2015. Haskell era a disagio davanti alla telecamera, quindi abbiamo dovuto sfruttare i rari momenti in cui potevamo coglierlo alla sprovvista. Non voleva essere al centro dell'attenzione, se non per presentare le sue opinioni politiche, altamente progressiste e favorevoli ai lavoratori.
Qual è la linea narrativa del film?
La conversazione a cena con Pennebaker e gli amici è il filo conduttore fondamentale, ma la linea emotiva più importante è il ritratto umano di Wexler che varia da irritabile e irascibile a profondamente premuroso e amorevole.
Il fulcro del film è la sequenza con Haskell e il regista D. A. Pennebaker?
Strutturalmente sì!
Con quali camere hai girato?
Sono state utilizzate molte camere diverse, tutte piccole e poco appariscenti. All'inizio giravamo su nastro DV. Le fotocamere che si sono distinte per la qualità dell'immagine sono state la Panasonic HPX 170, la Sony PXW X70 e la PXW Z90.
Immagino che tu abbia raccolto una vasta quantità di filmati. Come sei riuscita a ridurlo ai minuti finali durante la fase di montaggio? Quali scelte hai dovuto fare?
Shoot From The Heart non è esattamente un film. È un'introduzione a un lungo lavoro che consisterà in quattro o cinque capitoli che possono essere visualizzati singolarmente. Ora stiamo lavorando al secondo capitolo, che è un incontro tra Haskell, il documentarista Hubert Sauper e la fotografa Magnum Susan Meiselas. E’ un capitolo che timidamente definiamo di verità/fiction. Questi capitoli possono essere visti nell'ordine che preferisci, una sorta di "scegli la tua avventura". E se manteniamo ogni capitolo a 25 minuti o meno ciascuno, possiamo combinarli in un (troppo) lungo documentario…
La presenza nel lavoro di un'icona come Jane Fonda è importante. Cosa puoi dirmi di lei?
È una cara amica e un essere umano straordinario. È molto simile ad Haskell nella sua dedizione alle cause progressiste e nella sua natura amorevole.
Quale pensi sia il miglior lavoro di Wexler? Il film in cui il suo talento emerge prepotentemente?
Non saprei rispondere. Opere diverse hanno rilevanza diversa in momenti diversi.
Ti ha confidato qual era il suo film preferito come cinematographer?
Non ne abbiamo mai parlato.
Come persona, com'era Wexler? Quale delle sue qualità ti ha colpito di più?
Una delle sue molte straordinarie qualità era che, nonostante la sua rabbia per lo stato del mondo, rimaneva gioioso. Scherzava sempre e trovava sempre il lato divertente della vita.
Hai ripreso Haskell mentre insegnava agli studenti della Inner City Film School. Cosa ha trasmesso ai giovani studenti? La sua visione della società è ben espressa nel documentario da lui diretto, Medium Cool (1969). Come hai ricordato, oltre alla sua formidabile arte, aveva un grande senso civico, sempre attento ai diritti civili.
Non posso parlare per gli studenti, ma sembravano molto ispirati da lui. Come ti sentiresti se fossi un ragazzo svantaggiato del centro città e uno dei più grandi cinematographers di tutti i tempi si prendesse il tempo di parlare con te?
Quale pensi sia il patrimonio artistico che Haskell Wexler ci ha lasciato?
Posso parlare solo per me stessa. Per me è che l'amore dovrebbe essere la forza motivante dietro l'arte.