MED FILM FESTIVAL
a cura di Edizioni Artdigiland
in collaborazione con Polygone étoilé - Film Flamme
CINEMA AQUILA ROMA
14 novembre ore 17,30
alla presenza dell’autore, introduzione e proiezione del film
LETTRE À LA PRISON
(in francese con sottotitoli italiani)
a seguire
INCONTRO CON MARC SCIALOM
e presentazione del libro
Marc Scialom. Impasse du cinéma
Esilio, memoria, utopia / Exil, mémoire, utopie
a cura di Mila Lazic e Silvia Tarquini
Ed. Artdigiland
interviene Silvia Tarquini
modera: Gianfranco Pannone
Le lingue mi attraversano e mi lasciano. La mia lingua materna, quell’italiano
che ho parlato con la Nonnina, che ho poi dimenticato, ma che molto più tardi ho saputo insegnare ad alto livello all’università, lo sto perdendo di nuovo e me ne vergogno.
Mi pare di possedere quasi perfettamente il francese ma, parlandolo e scrivendolo,
ho talvolta l’impressione strana, affascinante, di tradurre... da quale altra lingua?
Marc Scialom
Il 14 novembre alle 17.30 il MedFest, presenta - a cura di Edizioni Artdigiland e in collaborazione con Polygone étoilé - Film Flamme di Marsiglia - un incontro con Marc Scialom e la proiezione del suo Lettre à la prison (1969).
Scrittore, traduttore, cineasta, Marc Scialom è ebreo di origini italiane, toscane, poi naturalizzato francese, nasce a Tunisi nel 1934. Dopo le persecuzioni naziste nel ’43 in Tunisia, le ripercussioni sugli Italiani, meccanicamente associati al fascismo nel periodo dell’“epurazione”, e la strage di Biserta (1961) – sconfinamento in Tunisia della guerra franco-algerina che Scialom denuncia nel corto La parole perdue (1969) –, si trasferisce in Francia.
La sua vita si intreccia, “mancandola”, con la storia del cinema: a Parigi il lungometraggio Lettre à la prison (1969-70), realizzato senza un produttore e quasi “clandestinamente”, non è sostenuto dai suoi amici cineasti, tra cui Chris Marker. Si tratta di un’opera poetica sulla perdita di identità culturale e personale di un esule arabo in Francia, che mette indirettamente il dito nelle piaghe di post-colonialismo e razzismo; è girato tra Tunisi, Marsiglia e Parigi.
Deluso, Scialom chiude il film in un cassetto. Torna alle sue origini, allo studio della lingua e della letteratura italiane. Insegna all’Università di Saint-Etienne. Traduce la Divina Commedia (Le Livre de Poche, 1996). Di Dante, sentito come “l’esule per eccellenza”, si era già occupato con il cortometraggio Exils (1966), lavoro poi sempre rinnegato, anche dopo la vittoria del Leone d’argento alla Mostra di Venezia del ’72.
Dopo il ritrovamento di Lettre à la prison grazie alla figlia Chloé, il restauro e la presentazione nel 2008 al Festival International du Documentaire di Marsiglia, dove ottiene la Mention spéciale du Groupement National des Cinémas de Recherche, Marc Scialom torna al lavoro cinematografico e realizza Nuit sur la mer (2012), riflessione sulla morte, e sull’utopia di un mondo senza frontiere. Per questo film, e per l’insieme della sua opera, riceve nel 2012 il premio Anno uno dal Festival I Milleocchi di Trieste.
Lettre a la prison (Marc Scialom, 1069, 70’)
Regia, soggetto,fotografia e montaggio: Marc Scialom; musica: Mohammed Saada, Matar Mohamed; interpreti: Tahar Aïbi, MarieChristine Lefort, Marie-Christine Rabedon, Jean-Louis Scialom, Martine Biérent, Romdane Mansour, Selim, Myriam Tuil, Jean-Louis Dupont, Marie Grech; origine: Francia, 1969-1970 [-2008]; formato: 16mm, bianco e nero e colori (estratti dal film perduto En silence); durata: 70’; restauro: L’Immagine Ritrovata, Bologna (2008); distribuzione dopo il restauro: Film Flamme/Polygone étoilé; prima proiezione in sala: 2 dicembre 2009.
Il valore del film è enorme, sia per come interviene sui temi dell’esilio e del colonialismo, sia per la collocazione nella trama dei riferimenti estetici del periodo, fra echi contemporanei della Nouvelle Vague e rimandi alla storia del cinema d’arte e di ricerca. Penso, ad esempio, all’utilizzo della voce narrante autoriflessiva, espressione di mondi interiori che coinvolgono sbandamenti più che certezze e conducono verso pratiche dell’improvvisazione filmica. Che significa rischio, precarietà, apertura, proprio come la vita e la condizione del migrante impone. Ma anche attacco ai paradigmi dell’occidentalismo, in un canale di comunicazione interculturale lontano dagli stilemi del cinema classico, per cui la presenza della camera costituisce atto di relazione, unica “verità” producibile/ raggrumabile nel film stesso. Un incessante scambio di posizioni dell’occhio, in cui l’alternativa reale/fittizio rafforza una costruzione filmica in grado di offrirci stranianti squarci di realtà, ben più profondi di quelli della semplice rappresentazione documentaria. Quasi un rouchiano “cinema di contatto”, pienamente interno – ancora una volta – alla vicenda della Nouvelle Vague.
Marco Bertozzi
Il volume MARC SCIALOM IMPASSE DU CINEMA. Esilio, memoria, utopia / Exil, mémoire, utopie, in parte bilingue, curato da Mila Lazic e Silvia Tarquini, edizioni Artdigiland, restituisce alla storia del cinema la memoria storica e cinematografica cristallizzata nell’avventura del suo autore. Con Lettre à la prison, ci troviamo di fronte ad un film Nouvelle Vague ritrovato, girato con una camera prestata da Chris Marker e poi scomparso in un abisso ben preciso, personale e storico. Molte i temi e i collaboratori. Mila Lazic, co-curatrice del libro, intervista Scialom raccogliendo notizie sulle sue origini italiane e sui suoi inizi; Roberto Silvestri offre il background storico della sua biografia attraverso la storia del cinema militante nordafricano, e parla del corto La parole perdue come di un capolavoro; Dario Marchiori allarga a tutta la produzione letteraria e scientifica di Scialom il suo intervento sul film “dantesco” Exils e su La parole perdue; Alessandro Capata analizza il campo particolare del lavoro di Scialom come traduttore di Dante; i densissimi testi di Marc Scialom e Saad Chakali, rispettivamente, raccontano la straordinaria vicenda della lavorazione di Lettre à la prison e il “sentimento” dell’esilio e dell’oppressione postcolonialista e razzista del film; Federico Rossin ricontestualizza il linguaggio filmico di Lettre à la prison nell’ambito del cinema coevo; Silvia Tarquini, co-curatrice del libro e fondatrice di Artdigiland, si occupa soprattutto del nuovo film, Nuit sur la mer, con interviste a Scialom e a sua figlia Chloé, co-sceneggiatrice del lavoro, e con un saggio sull’adozione da parte di Scialom della figura di Ulisse, l’errante, come archetipo in cui iscriversi per arrivare finalmente a parlare della propria matrice ebraica. Completano il volume le testimonianze di Chloé Scialom, a cui dobbiamo il ritrovamento di Lettre à la prison, e quelle dei cineasti Jean-François Neplaz e Giuseppe Spina (Nomadica), che raccontano il processo per arrivare al restauro, avvenuto nell’ambiente del cinema indipendente e “dal basso”. La prefazione di Marco Bertozzi cita Alberto Grifi, Chris Marker e Jean Rouch, filmmaker “spaesati”, incessantemente alla ricerca, attraverso il cinema, di un “contatto” con la realtà.