Gianni Di Venanzo è considerato dalla maggior parte degli addetti ai lavori come il più importante e innovativo autore della fotografia dell’Italia del dopoguerra. Figlio di Enrico e Palmina, Feliciano (questo il vero nome) Di Venanzo nacque a Teramo il 18 dicembre del 1920. Ebbe due sorelle, Delia e Giulia. Non ancora maggiorenne, si trasferisce con la famiglia a Roma, dove inizia a frequentare l’appena nato Centro Sperimentale di Cinematografia, che però, dopo appena un anno, nel 1941 abbandona per entrare in qualità di assistente operatore nella troupe di Massimo Terzano ‒ tra i maestri del bianco e nero dell’epoca ‒ per il film Un colpo di pistola (1942) di Renato Castellani, alla sua prima regia, con Assia Noris, Fosco Giachetti e Antonio Centa. Sempre nello stesso anno collabora quindi con Tino Santoni per Miliardi, che follia! (1942) di Guido Brignone, dove è accreditato come Feliciano, e con Aldo Tonti per Fari nella nebbia (1942) di Gianni Franciolini, fino a quando è costretto a interrompere la propria esperienza cinematografica perché richiamato alle armi: presta servizio presso il reparto cinematografico dell’esercito.
Armando Nannuzzi, la reinvenzione del bianco e nero. Conversazione con Daniele Nannuzzi
Il 14 maggio di diciannove anni fa ci lasciava Armando Nannuzzi (AIC), tra gli autori della cinematografia italiani più noti e talentuosi, vincitore di ben cinque Nastri d’argento. Gli rendiamo omaggio con il figlio d’arte Daniele, anche lui cinematographer e Premio David di Donatello per il film El Alamein - La linea del fuoco di Enzo Monteleone, nonché attuale Presidente dell’AIC (Autori Italiani della Cinematografia). In una conversazione che vuole essere anche una sorta di viaggio nell’età d’oro del cinema italiano.