Kristof Hoornaert, classe 1980, è un regista belga. Dopo aver studiato Arti Audiovisive a Ghent e a Bruxelles, ha girato il cortometraggio Kaïn (Caino), presentato nel 2009 al Festival di Berlino. Ha poi realizzato il cortometraggio a budget zero The Fall (La caduta), selezionato in più di 40 festival cinematografici in giro per il mondo; Empire (Impero), il suo terzo cortometraggio, è stato presentato al Montreal World Film Festival del 2015 e successivamente selezionato al BFI London Film Festival. Nel 2017 è uscito il suo primo lungometraggio, Resurrection, presentato al Tallinn Film Festival e successivamente selezionato anche al Festival di Rotterdam; fra i premi che il film ha ricevuto il Capri Breakout Director Award, il Prix de la Critique al Festival International de Cinéma d’Auteur di Rabat del 2018 e il SIGNIS Award Special Mention Award al Religion Today Film Festival del 2018.
Segnaliamo che Resurrection è disponibile su Amazon Prime
Enciclopedia napoletana. Conversazione con Vincenzo Marra
Vincenzo Marra (Napoli, 1972) dopo alcuni anni come fotografo sportivo esordisce al cinema nel 2001 con il lungometraggio Tornando a casa, vincitore di 18 premi internazionali tra i quali il Miglior film della Settimana della Critica della Mostra di Venezia. Tornando a casa segna l’inizio di una ventennale carriera organicamente costruita attorno a una riflessione sulla città di Napoli e i suoi abitanti che procede di film in film. Fra le sue opere, sempre oscillanti fra cinema di finzione e documentario, si ricordano anche Vento di Terra, L’udienza è aperta, L’ora di punta con protagonista Fanny Ardant, Il gemello e L’equilibrio, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia nel 2017 e candidato ai Nastri d’Argento per il miglior soggetto; ha inoltre partecipato, accanto a registi del calibro di Jean-Luc Godard e Ursula Meier, al film-collettivo I ponti di Sarajevo del 2014. Lo scorso ottobre è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il suo ultimo lungometraggio, La volta buona, con Massimo Ghini protagonista; l’uscita nelle sale era prevista per il 13 marzo 2020 prima che l’emergenza Coronavirus imponesse la chiusura delle sale.
Tragedia per sottrazione. Conversazione con Andrea Pallaoro
Andrea Pallaoro, nato a Trento nel 1982, vive stabilmente in America da vent’anni. Formatosi al California Institute of Arts, nel 2013 ha presentato la sua opera prima, il dramma rurale Medeas, alla sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia. Quattro anni dopo tornava a Venezia con Hannah, una coproduzione europea che ha fruttato alla sua protagonista Charlotte Rampling la Coppa Volpi. È attualmente in preparazione il suo terzo film, Monica, su una donna transessuale che va a fare visita alla madre morente dopo trentacinque anni di assenza. Tra i registi più interessanti in circolazione, Pallaoro sembra uno dei pochi che ancora si sforzi di portare avanti una riflessione teorica e artistica sul cinema, sulla sua sintassi e sui modi originali ed efficaci di cambiarne le regole. Medeas e Hannah sono esperienze emotive uniche, calibratissime, in cui la tragedia che i protagonisti affrontano si "spalma" lungo tutto il corpo dell'opera attraverso una narrazione ipnotica e palpitante.
La comunità umana vent’anni dopo: "Festa" di Franco Piavoli
In occasione del lancio di Festa di Franco Piavoli sulla piattaforma per il cinema indipendente Indiecinema, della quale Artdigiland è partner, pubblichiamo un estratto del nostro volume in uscita sul Maestro. Il libro, di Filippo Schillaci, sarà presentato nella seconda metà di aprile presso la Casa del Cinema di Roma (data da definire), in un evento in collaborazione con CSC - Cineteca Nazionale che ci permetterà di rivedere insieme Il pianeta azzurro. In fondo al testo un’offerta per chi vorrà preacquistare il libro.
Come un sasso in uno stagno. Conversazione con Luca Gorreri
Artdigiland è partner di Indiecinema.it, la piattaforma on line per il cinema indipendente. In occasione del lancio sulla piattaforma del film di Luca Gorreri Sassi nello stagno e della serata di presentazione alla presenza dell’autore, a Roma, il 6 febbraio 2020, intervistiamo Luca sulla sua avventura cinematografica. Gorreri nasce a Parma il 21 dicembre 1970. Racconta che fin da piccolo dimostra una predilezione per le immagini e una spiccata introversione che gli complicheranno la vita ma svilupperanno una passione per il cinema. Da ragazzo aiuta il padre a riprendere matrimoni e cerimonie imparando ad usare le prime videocamere e sfrutta queste competenze per realizzare insieme ad amici alcuni film amatoriali. Frequenta i corsi della Scuola di Cinema Mohole di Milano, effettua riprese di eventi, concerti e per videoclip, ma la strada che desidera percorrere è quella del documentario. Adora i film sperimentali e la nouvelle vague: Godard, Truffaut, Bressane. Ama le figure dei "perdenti", animati da passioni inestinguibili, come Ed Wood. Tra i suoi amori anche la fantascienza anni '50 e i fumetti, soprattutto Magnus e Jack Kirby. È per le visioni insolite e particolari. Sassi nello stagno è la sua opera prima (soggetto, regia, produzione).
I dettagli per la partecipazione alla serata del 6 febbraio al Caffè letterario li trovate qui.
La poesia è un corpo vivente. Conversazione con Alessandro Negrini
In collaborazione con Ruairi Conneely. L’intervista è stata registrata a Dublino, grazie a Writers’ Garage. La foto di Alessandro Negrini è di Simone Paccini. Artdigiland è partner di Indiecinema, la prima piattaforma italiana per il cinema indipendente. Giovedì 30 gennaio a Roma (Caffè Letterario, via Ostiense 95), a partire dalle 19.30, serata Indiecinema in occasione del lancio sulla piattaforma di Tides - Maree di Alessandro Negrini, film che, tra gli altri premi, ha ottenuto a Londra il Gold Movie Awards per il documentario. Dopo la proiezione, incontro con il regista moderato da Silvia Tarquini. Invitandovi a scoprire questo film e il suo autore, anticipiamo in questa intervista alcuni temi della serata.
Cinema delle cose dimenticate. Conversazione con Giuseppe Carrieri
Giuseppe Carrieri (Napoli, 1985) si definisce «regista, docente universitario, un po’ esploratore». Attratto dall'umanità dimenticata e dai paesaggi nascosti, coltiva nel cinema della realtà la sua principale forma di espressione. Nel 2013, con In Utero Srebrenica, racconta le madri bosniache alla ricerca delle ossa dei propri figli vent'anni dopo il genocidio, guadagnando la nomination al David di Donatello e numerosi premi internazionali. Nel 2017, con Hanaa, ci parla dei matrimoni precoci attraverso un film-viaggio che si muove fra India, Siria, Perù e Nigeria). Le Metamorfosi, presentato lo scorso anno alla Festa del Cinema di Roma, è il suo primo esperimento di docu-fiaba, girato nella sua città d'origine, Napoli. Dal 2018 è docente del Laboratorio Avanzato di Regia Cinematografica dell'Università IULM di Milano e collabora con diverse emittenti televisive nazionali e internazionali. (Intervista di Ludovico Cantisani)
Nasce la piattaforma Indiecinema. Conversazione con Fabio Del Greco sul cinema d'essai in streaming
Anche in Italia finalmente qualcosa si muove sul fronte delle piattaforme digitali per il cinema indipendente. Mentre Adriano Aprà annuncia, nel convegno Fuorinorma del 14 dicembre 2019, uno sbocco digitale per la sua selezione di opere neosperimentali, è già in azione la piattaforma Indiecinema.it. Abbiamo incontrato il fondatore Fabio Del Greco per conoscere le caratteristiche di questo nuovo soggetto distributivo.
A VR Movie to Rethink Matera
The womb of Matera hosts the extraordinary triptych Lucania ’61 by Carlo Levi, containing many of the values that, now just as formerly, characterise Basilicata and its people. Essentially, this means frugality, slowness, attachment to the land and environment that make Matera today not only a landmark of “lucanità”, of the South and the Mediterranean, but a prototype of an ecological town, in which the archetype finally merges with modernity. The Piedmontese intellectual achieved this monumental work for the one-hundredth anniversary of the Italian Unification, dedicating it to the Lucanian poet Rocco Scotellaro to honour their mutual profound esteem. Scotellaro, in the first picture on the right, harangues the crowd of peasants on the square of Tricarico with its usual momentum of active citizens, in order to praise that new cultural dawn for the Lucanians, which today finds its turning point in Matera European Capital of Culture 2019. This allows the town to shake off the unpleasant label of “national shame” (quoted Palmiro Togliatti, 1948) and open with resilience to a new destiny and a new identity. Lucania ’61 is consequently the best “anthropological film” that speaks of us, people of the South: a work in which the utopian figure of the town crier-poet, the citizen-mayor, is sculpted, inciting his fellows toward progress and the emancipation of the “last”, with the force of words and ideas, as weighty as millstones in the great vice of “choral autism” that all too often oppresses the Italian South. It was Levi and Scotellaro: they were the flames that inspired the MaTerre project carried out by Rete Cinema Basilicata co-designed with the Matera Basilicata 2019 Foundation and numerous other local, national and international partners.
Un film in VR per ripensare Matera
Nel ventre di Matera dimora lo straordinario trittico Lucania ’61 di Carlo Levi nel quale sono racchiusi molti dei valori che, oggi come ieri, caratterizzano la Basilicata e la sua gente. Parliamo essenzialmente di frugalità, lentezza, appartenenza alla propria terra e al proprio ambiente, che fanno oggi di Matera non solo un landmark della “lucanità”, del Sud e del Mediterraneo ma un prototipo di città ecologica dove l’archetipo va finalmente a nozze con la modernità. L’intellettuale piemontese realizzò la monumentale opera in occasione del centenario dell’Unità d’Italia dedicandola al poeta lucano Rocco Scotellaro in onore della profonda stima che li legava. Scotellaro, nella prima tavola del dipinto, arringa la folla di contadini nella piazza di Tricarico con il suo abituale impeto di cittadinanza attiva per inneggiare quella nuova alba culturale per i Lucani che ha trovato oggi snodo cruciale in Matera Capitale Europea della Cultura 2019, con la quale la città si scrolla di dosso la scomoda etichetta di “vergogna nazionale” (cit. Palmiro Togliatti, 1948) per aprirsi resilientemente a nuovi destini e nuove identità. Lucania ’61 è pertanto il più bel “film antropologico” che ci parla di noi, gente del Sud, un’opera in cui in un tempo scolpito si erge la figura utopica di un banditore poeta, il Sindaco-contadino, che incitando i suoi conterranei cerca il progresso e l’emancipazione degli “ultimi” con la forza della parola e delle idee, pesanti come macigni nel grande vizio di ”autismo corale” che troppo spesso grava sul Mezzogiorno italiano. Sono stati proprio loro, Levi e Scotellaro, i fuochi che hanno ispirato il progetto MaTerre realizzato da Rete Cinema Basilicata in coprogettazione con la Fondazione Matera-Basilicata 2019 e numerosi altri partner locali, nazionali ed internazionali.
Nascita di un post-realista. Conversazione con Ludovico Cantisani
Ludovico Cantisani, nato a Roma nel 2001 da una famiglia di origine meridionale, ha scritto, diretto e prodotto il cortometraggio Penelopes, liberamente ispirato all’Ulisse di Joyce e patrocinato dall’Italian James Joyce Foundation. Partito sulla piattaforma di crowdfunding Ulule come corto a basso budget, Penelopes vanta la partecipazione del direttore della fotografia di Luciano Tovoli. Il film ha avuto la sua première a Terre di Cinema, a Catania, campus cinematografico diretto da Vincenzo Condorelli, ricco di eventi, anteprime e masterclass.
SEGNALIAMO CHE E’ IN CORSO IL PROSSIMO PROGETTO PER “BILOGIA DELL’URLO“: https://www.produzionidalbasso.com/project/bilogia-dell-urlo-tovoli-la-torre-cantisani/
Mother Fortress. Intervista a Maria Luisa Forenza
Incontriamo Maria Luisa Forenza. Laureata in Lingue e letterature straniere, si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia, a Roma, con Duetto, tratto dai Racconti romani di Alberto Moravia, interpretato da Giulio Brogi. Assistente per Dino Risi, Francesco Maselli, Giancarlo Sepe, dopo una scholarship alla Academy of Arts di Belgrado con il regista serbo Dusan Makavejev, si dedica prevalentemente a documentari dal taglio storico-sociale, girati in Italia e all’estero, con produzione e distribuzione Rai, Rai-Trade, History Channel (Usa-Uk), Netflix. Fra questi: Guatemala Nunca Mas (con Rigoberta Menchù), Mussolini: l’ultima verità, Albino Pierro: inchiesta su un poeta, da cui nasce uno spettacolo teatrale multilingue con Agneta Eckmanner, in scena a Roma e Stoccolma.
Concepito a San Francisco, presentato e premiato con la Menzione Speciale dal Tertio Millennio Film Festival, Mother Fortress è l’ultimo risultato di questo percorso. Ci è sembrata un’operazione dallo spessore antonioniano, una riflessione sul male e sul bene intesi in senso metafisico, indagati nel loro mistero con un linguaggio autentico e potente, un road movie nella luce mediterranea, colta con splendida fotografia sia nella sua spettacolare potenza sia nella penombra di un luogo mistico come un Monastero.
Guarda il trailer
Mother Fortress. Interview with Maria Luisa Forenza
We meet Maria Luisa Forenza. She graduated in Foreign Languages and Literatures, in Directing at the Experimental Center of Cinematography-Rome, with Duetto, based on Alberto Moravia's “Roman Tales”, played by Giulio Brogi. Assistant to Dino Risi, Francesco Maselli, Giancarlo Sepe, after a scholarship at the Academy of Arts in Belgrade with the Serbian director Dusan Makavejev, she mainly dedicates herself to documentaries with a historical-social slant, shot in Italy and abroad, with production and distribution Rai, Rai-Trade, History Channel (Usa-Uk), Netflix. Among these: Guatemala Nunca Mas (with Rigoberta Menchù), Mussolini: the last truth, Albino Pierro: investigation of a poet (from which a multilingual theatrical show with Agneta Eckmanner, staged in Rome and Stockholm). Conceived in San Francisco, presented and awarded for Special Mention and Best Documentary in Film Festivals, Mother Fortress is the latest result of this cinematographical journey. It seemed to us an operation as for Antonioni’s depth, a reflection on evil and good understood in a metaphysical sense, investigated in their mystery with an authentic and powerful language, a road movie in the Mediterranean light, captured with splendid photography both in its spectacular power and in the dim light of a mystical place like a monastery.
IL MONDO VIVENTE Eugène Green Retrospective
With the launch of the volume Il Mondo Vivente – Conversazione con Eugène Green, edited by Federico Francioni, edizioni Artdigiland is sponsoring in Rome, in the presence of Eugène Green, a retrospective of his films, with the collaboration of Casa del Cinema, Palazzo delle Esposizioni – Bookshop, Apollo 11, Cineclub Detour, Libreria Stendhal.
From March 19-23, a series of encounters will allow the public to meet Eugène Green and get to know his early films and his literary production. Film-maker and writer, belonging ideally to that particular movement defined as “transcendental” by Paul Schrader, Green approached the cinema at the age of fifty, after many years devoted to the revival of baroque theatre traditions in France, on which he is one of the leading experts.
His first film, Toutes les Nuits, won the Delluc Award for a first work in 2001, also winning the appreciation of the French master Jean-Luc Godard. His works have been presented at major international cinema festivals (Cannes, Berlin, Locarno, Rotterdam, Turin). Fundamental to familiarity with his work in Italy was the Turin Film Festival, which devoted a complete retrospective to him in 2014, edited by Massimo Causo and Roberto Manassero. In Rome, however, his films are still largely unknown.
Green is also the author of several novels, some published by Gallimard (La bataille de Roncevaux; La communauté universelle; Les atticistes), and important essays on baroque theatre (Le parole baroque, Desclée de Brouwer) and on the nature of cinematography (Poétique di cinématographe, Artes Sud).
The book and the retrospective show will be presented on March 19at 4 p.m. in the library of Palazzo delle Esposizioni, launching a series of encounters and showings over the following days at various cinemas and cultural venues in Rome.
Artdigiland is partner of the Adriano Apra' project Fuorinorma
Read the Apra' presentation, from the site: www.fuorinorma.it
The neo-experimental way of Italian cinema
by Adriano Aprà
Upstream.
There was Roberto Rossellini. There was (overground) Michelangelo Antonioni. There was Federico Fellini (but not always to my taste). There were, in the '60s and later, Pier Paolo Pasolini (including documentaries), Marco Bellocchio (including documentaries), Ermanno Olmi (including documentaries), Bernardo Bertolucci, Marco Ferreri, Vittorio De Seta (including documentaries). And there was a very marginalized – but today re-evaluated – Italian underground (Piero Bargellini, Alberto Grifi, Tonino De Bernardi, Alfredo Leonardi, Massimo Bacigalupo, Adamo Vergine, Guido Lombardi-Anna Lajolo, Paolo Brunatto, Gianfranco Brebbia), even with a few stars who did not consider themselves underground: Carmelo Bene (from theater), and Mario Schifano (from visual arts).
Then came the crisis of the mid-70s. The older managed to keep going but the younger felt orphans, without fathers or culture medium. Meteors. The attempt to make new films, new forms, collides with production and distribution hostile conditions. However, something has emerged, although still marginal. And then there was the presence in Italy of Danièle Huillet and Jean-Marie Straub.
In the 80s, the situation has not changed.
The 90s have seen revivals, but always localized at the margins. Compared to the dominant attempt to return to a traditional narrative cinema, some adventurers try to propose a new way of making films, uprooted from the past.
Manuela Morgaine, un cortocircuito tra mito e contemporaneità
In concomitanza con il premio ex aequo al miglior lungometraggio riportato all'edizione 2016 dell'On the Road Film Festival del cineclub Detour di Roma, pubblichiamo la conversazione realizzata con Manuela Morgaine nel 2015 in occasione del passaggio di Foudre, in collaborazione con Artdigiland, alla precedente edizione del Festival. Film "monstre" di 4 ore, Foudre esplora in maniera profonda e poetica le mitologie e i fenomeni legati al fulmine, collegandoli all'energia umana, all'amore, all'eros, alla melancolia, alla guarigione, alla danza.
Intervista di Silvia Tarquini, in collaborazione con Alessanrro Poggiani
Prima di Foudre facevi teatro, letteratura, ti occupavi di arti visive...Ho fatto la scrittrice per tanti anni, ho diretto una compagnia di teatro, che ho ancora, si chiama Envers Compagnie, con la quale faccio performances. Ora sono anche artista visiva, lavoro spesso alla radio, e con France Culture, quindi ho sempre lavorato con i testi, la voce, l’immagine, la lingua, anche la scultura, che è molto importante per me. Forse Foudre viene anche dal tentativo di mettere insieme tutte queste forme, dalla combinazione di tutte queste arti che, secondo me, parlavano in un modo troppo chiuso. Cercavo una forma di arte totale, nel senso wagneriano.
Elogio di Claudio Caligari
«Tumbas»
Mentre pensavo alla scrittura di questa memoria, di questo elogio, di questo omaggio a Claudio Caligari, ecco, mentre ci pensavo – e i ricordi e le idee mi si confondevano e si accavallavano sino a formare un grumo inestricabile, intenso e paralizzante – leggevo Tumbas di Cees Nooteboom, una sorta di grande viaggio nei cimiteri di tutto il mondo e di soste più o meno lunghe dinanzi alle lapidi di scrittori e di poeti le cui opere di certo non si sono consumate come il tempo della vita dei loro autori. Quel libro, tutto votato a ciò che resta, indica al lettore la persistenza e non l’oblio, la presenza e non il suo contrario e, anzi, finisce per confermare la meravigliosa suggestione di Pier Paolo Pasolini (contenuta in un celebre saggio incluso in Empirismo eretico) circa il rapporto di senso tra il montaggio e la morte, laddove sarà proprio questa seconda (il montaggio ultimo e definitivo) a dare significato compiuto alla vita degli uomini, così sottraendola al caos, alla casualità, al magma indistinto e tempestoso dell’accadere quotidiano. Ma i morti, coloro che se ne sono andati scomparendo dal nostro sguardo – e sebbene ricomposti in una limpidezza estrema, in una specie di quadratura del cerchio – non smettono tuttavia di chiamarci, di volerci accanto. Il libro di Nooteboom questo sembra voler suggerire, e se quel grumo rimane infine in larga parte opaco e paludoso, affollato com’è di occasioni, pure qualche lampo lo illumina a intermittenza, per zone e per macchie di luce. Allora, per cominciare, non bisogna nascondere nulla, e devo dire subito che non ne ho le prove, non posso cioè dimostrarlo carte alla mano, ma sono sicuro e credo fermamente che Caligari si sia ammalato e sia morto di dolore, di frustrazione, di pena. I suoi tre film furono felicissime e splendide parentesi dentro un susseguirsi ultratrentennale di rifiuti disinvolti, superficiali, spesso sprezzanti, di ostacoli insormontabili, di ottusità, di sordità, di miseria morale, di viltà politica, di tirchieria culturale, di vero e proprio e disumano gelo. La cosiddetta industria del cinema, umiliandolo, ha condannato alla fatica dell’inazione una pietra preziosa, un talento immenso, un autore che riconobbe nell’irriducibilità il proprio vessillo. Ma, appunto, l’irriducibilità ha un costo altissimo, sanguinoso.
Interview with Experimental Film Society (Part Two)
in collaboration with Federica Iodice
On this blog it is available an Italian version, translated by Silvia Tarquini: http://j.mp/EFS_seconda_parte
This interview is part of an Artdigiland project supported by Academy of Fine Arts of Naples, Italy
The Experimental Film Society is an independent collective of people who work in the field of experimental cinema, founded in 2000 by the Iranian director RouzbehRashidi, and based in Dublin. EFS is a project which brings together filmmakers from all over the world, with a common interest in researching "alternative" cinema. www.experimentalfilmsociety.com
In Il disprezzo Moravia writes: «Screenwriting seems a kind of rape of the intelligence»... How do you usually deal with writing?
Le Cain: Speaking for ourselves, we have an aversion to working in such a way that we have a blueprint and we go out and illustrate that. To try to enslave all the various techniques and possibilities, not only of the equipment and the situation but just what you encounter as well. What’s happening on a particular day, what the light’s doing, accidents, the inspirations of a location. We’re interested in all these things, how powerful they can be in themselves. In seeing how we can give them the space to develop into a film. So just the idea of going out and saying, okay, we need X, Y and Z in this scene and in order to do that we need this shot and that shot and we’re going to do this… That’s not how we work. But, for example, someone like Claude Chabrol, who we admire very much, would work in almost exactly the opposite way to us. For him, writing the script was a really difficult, agonizing process and he suffered. And then when he went on set he enjoyed himself and in some interviews he said it almost didn’t matter which take of a performance he used. So when the script was finished, that was the hard work done and he basically went out and very skillfully illustrated it. But also, in the film industry, the way a script is often used is as a way of controlling a film. Like a contract, a way interests other than the filmmaker can maintain control. I guess we couldn’t function very well in that situation.
Interview with Experimental Film Society (Part One)
in collaboration with Federica Iodice
On this blog it is available an Italian version, translated by Silvia Tarquini: j.mp/intervista_EFS
This interview is part of an Artdigiland project supported by Academy of Fine Arts of Naples, Italy
The Experimental Film Society is an independent collective of people who work in the field of experimental cinema, founded in 2000 by the Iranian director Rouzbeh Rashidi, and based in Dublin. EFS is a project which brings together filmmakers from all over the world, with a common interest in researching "alternative" cinema. www.experimentalfilmsociety.com
What do you mean by experimental film?
Maximilian Le Cain: On the one hand, it’s sort of a good shorthand way of telling an audience that what you’re going to get is something unusual. It’s not going to be a traditional narrative, it’s not going to be a documentary in the sense that most people understand it. It’s going to be something hopefully unexpected. But, more importantly, the way we work is quite experimental. We take the elements of cinema and we play with them and rearrange them and work on them in such a way that, speaking generally, we really only know what our film is going to be on the last day of editing. So it really is a process of experimentation. And Rouzbeh goes even further, he’s often compared himself to Dr Frankestein!
Rouzbeh Rashidi: If I were to add anything, it would be something like Jonas Mekas always says: if you think narrative cinema is like a novel or literature, experimental film is something like poetry where we have atmosphere, where we have ambiguity and obscurity. Vagueness, I suppose. This is a very straightforward, simple answer but I think it works. But, as Max said, it’s a very complex question.
Intervista all'Experimental Film Society (prima parte)
In collaborazione con Federica Iodice
Traduzione dall'inglese di Silvia Tarquini
E' disponibile sul blog la versione originale in inglese dell'intervista: j.mp/interview_EFS
Questa intervista e' parte di un progetto Artdigiland supportato dall'Accademia di Belle Arti di Napoli
L'Experimental Film Society è un collettivo indipendente di cinema sperimentale, fondato nel 2000 dal regista iraniano Rouzbeh Rashidi e con sede a Dublino. EFS è un progetto che unisce diversi filmmaker da tutto il mondo, legati dalla comune ricerca di un cinema "altro". www.experimentalfilmsociety.com
Cosa intendete per film sperimentale?
Maximilian Le Cain: Da un lato, “sperimentale” è un buon modo sintetico per dire ad un pubblico che quello che vogliamo ottenere è qualcosa di insolito. Non sarà una narrazione tradizionale, non sarà un documentario nel senso in cui lo intende la maggior parte delle persone. Sarà qualcosa di inaspettato, si spera. Ma, cosa ancora più importante, è il nostro stesso modo di lavorare ad essere sperimentale. Prendiamo gli elementi del cinema e giochiamo a riarrangiarli, a lavorare su di essi in modo tale che, parlando in generale, sapremo veramente cosa sarà il nostro film solo l'ultimo giorno di montaggio. Si tratta davvero di un processo di sperimentazione. E Rouzbeh Rashidi va anche oltre, spesso si è paragonato al dottor Frankestein!
Rouzbeh Rashidi: Per aggiungere qualcosa, potrei ricordare quello che dice sempre Jonas Mekas: se il cinema narrativo è simile ad un romanzo o alla letteratura, il film sperimentale è simile alla poesia. Nella quale abbiamo un’atmosfera, ambiguità, oscurità. Indeterminatezza, suppongo. Si tratta di una risposta diretta, e molto semplice, ma penso che funzioni. D’altra parte, come ha detto Maximilian, è una questione molto complessa.