In occasione della prima presentazione del libro di Gianfranco Pannone - È reale? Guida empatica del cinedocumentarista - al Fondi Film Festival, organizzato da associazione Giuseppe De Santis, (18 settembre, Chiostro San Domenico, ore 21.00), pubblichiamo la postfazione al volume di Daniele Vicari.
Il richiamo dell’ombra. Conversazione con Antonio Costa
Antonio Costa (Feltre, 1942), saggista e storico del cinema. Ha insegnato Storia del cinema all’Università di Bologna dove ha diretto il Dipartimento di Musica e Spettacolo dal 1995 al 1998. Successivamente è passato all’Università IUAV di Venezia dove ha insegnato “Cinema e arti visive” presso la Facoltà di Arti e Design. A lungo impegnato nella ricerca teorica e storica, ha pubblicato numerosissimi studi sul cinema. Ha promosso e diretto il curriculum cinematografico del Dottorato di Ricerca in Discipline del Teatro e dello Spettacolo dell’Università di Bologna. In questo ambito ha fondato e diretto con Leonardo Quaresima la rivista «Fotogenia. Storie e teorie del cinema» (1994-1998) e la collana «Thesis» (edizioni Clueb). Lo intervistiamo sull’ultimo titolo pubblicato Il richiamo dell'ombra: il cinema e l'altro volto del visibile, Feltrinelli 2021.
L’importanza di avere un sogno e di poterlo condividere. Conversazione con Fabio Nunziata sulla collaborazione con Abel Ferrara (seconda parte)
Fabio Nunziata (Cosenza, 1965) è un montatore italiano. Diplomatosi in montaggio presso il Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1987, dopo alcune prime esperienze come montatore, nel 1996 presenta al Festival di Torino il lungometraggio Il caricatore, co-diretto da Nunziata con Eugenio Cappuccio e Massimo Gaudioso, per il quale viene candidato assieme ai colleghi al Nastro d’argento al miglior regista esordiente. Dopo aver diretto assieme a Cappuccio e Gaudioso anche La vita è una sola, si dedica esclusivamente al montaggio. Nel 2004 viene candidato al Nastro d’argento per il suo lavoro ne Il ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco. Ha continuato a collaborare come montatore con Cappuccio (Uno su Due, Se sei così) e con Gaudioso (Un paese quasi perfetto). La sua filmografia si distingue per una lunga collaborazione con Abel Ferrara: per il regista newyorkese Nunziata ha curato infatti il montaggio di numerosi film: Mary (2005), premiato con il Leone d’Argento al Festival di Venezia, i controversi Go Go Tales (2007) e Pasolini (2014), i documentari Napoli Napoli Napoli (2009), Alive in France (2017), Piazza Vittorio (2017) e The Projectionist (2019). Nunziata ha montato anche gli ultimi due film di Ferrara, Tommaso e Siberia, dittico con protagonista Willem Dafoe, presentati l’uno al Festival di Cannes del 2019 e l’altro al Festival di Berlino del 2020.
L’importanza di avere un sogno e di poterlo condividere. Conversazione con Fabio Nunziata sulla collaborazione con Abel Ferrara (prima parte)
Fabio Nunziata (Cosenza, 1965) è un montatore italiano. Diplomatosi in montaggio presso il Centro Sperimentale di Cinematografia nel 1987, dopo alcune prime esperienze come montatore, nel 1996 presenta al Festival di Torino il lungometraggio Il caricatore, co-diretto da Nunziata con Eugenio Cappuccio e Massimo Gaudioso, per il quale viene candidato assieme ai colleghi al Nastro d’argento al miglior regista esordiente. Dopo aver diretto assieme a Cappuccio e Gaudioso anche La vita è una sola, si dedica esclusivamente al montaggio. Nel 2004 viene candidato al Nastro d’argento per il suo lavoro ne Il ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco. Ha continuato a collaborare come montatore con Cappuccio (Uno su Due, Se sei così) e con Gaudioso (Un paese quasi perfetto). La sua filmografia si distingue per una lunga collaborazione con Abel Ferrara: per il regista newyorkese Nunziata ha curato infatti il montaggio di numerosi film: Mary (2005), premiato con il Leone d’Argento al Festival di Venezia, i controversi Go Go Tales (2007) e Pasolini (2014), i documentari Napoli Napoli Napoli (2009), Alive in France (2017), Piazza Vittorio (2017) e The Projectionist (2019). Nunziata ha montato anche gli ultimi due film di Ferrara, Tommaso e Siberia, dittico con protagonista Willem Dafoe, presentati l’uno al Festival di Cannes del 2019 e l’altro al Festival di Berlino del 2020.
La luce del vero. Conversazione con Sandro Chessa su “Assandira” di Salvatore Mereu
Sandro Chessa (Nuoro, 9 giugno 1984) è un direttore della fotografia italiano. Laureato in Scienze delle comunicazioni di massa all’Università di Perugia e diplomato all’Accademia di Cinema e Televisione di Cinecittà, ha completato la sua formazione come direttore della fotografia al Centro Sperimentale di Cinematografia sotto la guida del maestro Giuseppe Rotunno. Dopo una gavetta come assistente di macchina e direttore della fotografia di alcuni documentari e cortometraggi (fra cui Inverno, premiato col David), ha curato la fotografia di film indipendenti romani come Sex Cowboys di Adriano Giotti e Go Home – A casa loro di Luna Gualano. È stato recentemente presentato a Venezia il lungometraggio Assandira di Salvatore Mereu, ambientato nella Sardegna rurale della fine degli anni ’90, una storia familiare che ruota intorno alla fondazione e al rogo dell’agriturismo che dà il nome al film. Nel cast anche Gavino Ledda, autore del romanzo Padre padrone, nel ruolo del protagonista Costantino Saru.
Enciclopedia napoletana. Conversazione con Vincenzo Marra
Vincenzo Marra (Napoli, 1972) dopo alcuni anni come fotografo sportivo esordisce al cinema nel 2001 con il lungometraggio Tornando a casa, vincitore di 18 premi internazionali tra i quali il Miglior film della Settimana della Critica della Mostra di Venezia. Tornando a casa segna l’inizio di una ventennale carriera organicamente costruita attorno a una riflessione sulla città di Napoli e i suoi abitanti che procede di film in film. Fra le sue opere, sempre oscillanti fra cinema di finzione e documentario, si ricordano anche Vento di Terra, L’udienza è aperta, L’ora di punta con protagonista Fanny Ardant, Il gemello e L’equilibrio, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia nel 2017 e candidato ai Nastri d’Argento per il miglior soggetto; ha inoltre partecipato, accanto a registi del calibro di Jean-Luc Godard e Ursula Meier, al film-collettivo I ponti di Sarajevo del 2014. Lo scorso ottobre è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il suo ultimo lungometraggio, La volta buona, con Massimo Ghini protagonista; l’uscita nelle sale era prevista per il 13 marzo 2020 prima che l’emergenza Coronavirus imponesse la chiusura delle sale.
Umanità come presenza. L'immaginario post-apocalittico
Dopo il primo articolo Apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche. L’escatologia di Roland Emmerich, prosegue la serie di Ludovico Cantisani sul tema dell’Apocalisse nel cinema contemporaneo. L'analisi prende spunto da La fine del mondo di Ernesto De Martino e dalla differenza da lui posta tra apocalissi culturali e apocalissi psicopatologiche.
L’esserci come esser-nel-mondo rimanda alla vera condizione trascendentale del doverci essere. L’uomo è sempre dentro l’esigenza del trascendere, e nei modi distinti di questo trascendere l’esistenza umana si costituisce e si trova come presenza al mondo, esperisce situazioni e compiti, fonda l’ordine culturale, ne partecipa e lo modifica. Linguaggio, vita politica, vita morale, arte e scienza, filosofia, simbolismo mitico-rituale procedono da questo ethos: l'antropologia non è che la presa di coscienza sistematica di questo ethos, la determinazione dei distinti modi del suo manifestarsi storico.
Ernesto De Martino, La fine del mondo, cap. 2
Una questione di luce. Ricordando Alfio Contini
Ci ha lasciato Alfio Contini, tra i maggiori autori della cinematografia del nostro cinema: con lui se ne va un altro prezioso tassello della nostra storia culturale. Indiscusso anticipatore dello stile fotografico moderno applicato alla settima arte, Contini ha illuminato pellicole che si sono rivelate grandi successi di critica e di pubblico. Nella storia di quel processo creativo che è la fotografia cinematografica, occupa un posto di rilievo, fin dagli inizi, quando incomincia a muovere i primi passi nell’Italia del Neorealismo, quando a seguire attraversa gli anni della dolce vita e del boom economico, quando illumina dapprima la commedia cosiddetta “all’italiana” e poi un cinema decisamente meno leggero e più impegnato, e quando infine partecipa a una nuova stagione della commedia. Fedele collaboratore di Dino Risi, con il quale gira sette pellicole, tra le quali Il sorpasso, uno dei capolavori indiscussi del cinema italiano, Contini sembra a proprio agio nel cinema brillante, ma non tralascia incursioni nel cinema più esplicitamente d’autore. Collabora per esempio con Liliana Cavani, in film come Galileo e Il portiere di notte, Vittorio De Sica ne I girasoli, Michelangelo Antonioni, per Zabriskie Point e Al di là delle nuvole, fino a cimentarsi con il teatro classico con la trasposizione cinematografica di The Trojan Women del greco Michael Cacoyannis. Da ricordare il sodalizio con Adriano Celentano, con il quale gira, tra i tanti, il musical Yuppi du, film di grande successo.
Tragedia per sottrazione. Conversazione con Andrea Pallaoro
Andrea Pallaoro, nato a Trento nel 1982, vive stabilmente in America da vent’anni. Formatosi al California Institute of Arts, nel 2013 ha presentato la sua opera prima, il dramma rurale Medeas, alla sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia. Quattro anni dopo tornava a Venezia con Hannah, una coproduzione europea che ha fruttato alla sua protagonista Charlotte Rampling la Coppa Volpi. È attualmente in preparazione il suo terzo film, Monica, su una donna transessuale che va a fare visita alla madre morente dopo trentacinque anni di assenza. Tra i registi più interessanti in circolazione, Pallaoro sembra uno dei pochi che ancora si sforzi di portare avanti una riflessione teorica e artistica sul cinema, sulla sua sintassi e sui modi originali ed efficaci di cambiarne le regole. Medeas e Hannah sono esperienze emotive uniche, calibratissime, in cui la tragedia che i protagonisti affrontano si "spalma" lungo tutto il corpo dell'opera attraverso una narrazione ipnotica e palpitante.
La comunità umana vent’anni dopo: "Festa" di Franco Piavoli
In occasione del lancio di Festa di Franco Piavoli sulla piattaforma per il cinema indipendente Indiecinema, della quale Artdigiland è partner, pubblichiamo un estratto del nostro volume in uscita sul Maestro. Il libro, di Filippo Schillaci, sarà presentato nella seconda metà di aprile presso la Casa del Cinema di Roma (data da definire), in un evento in collaborazione con CSC - Cineteca Nazionale che ci permetterà di rivedere insieme Il pianeta azzurro. In fondo al testo un’offerta per chi vorrà preacquistare il libro.
A VR Movie to Rethink Matera
The womb of Matera hosts the extraordinary triptych Lucania ’61 by Carlo Levi, containing many of the values that, now just as formerly, characterise Basilicata and its people. Essentially, this means frugality, slowness, attachment to the land and environment that make Matera today not only a landmark of “lucanità”, of the South and the Mediterranean, but a prototype of an ecological town, in which the archetype finally merges with modernity. The Piedmontese intellectual achieved this monumental work for the one-hundredth anniversary of the Italian Unification, dedicating it to the Lucanian poet Rocco Scotellaro to honour their mutual profound esteem. Scotellaro, in the first picture on the right, harangues the crowd of peasants on the square of Tricarico with its usual momentum of active citizens, in order to praise that new cultural dawn for the Lucanians, which today finds its turning point in Matera European Capital of Culture 2019. This allows the town to shake off the unpleasant label of “national shame” (quoted Palmiro Togliatti, 1948) and open with resilience to a new destiny and a new identity. Lucania ’61 is consequently the best “anthropological film” that speaks of us, people of the South: a work in which the utopian figure of the town crier-poet, the citizen-mayor, is sculpted, inciting his fellows toward progress and the emancipation of the “last”, with the force of words and ideas, as weighty as millstones in the great vice of “choral autism” that all too often oppresses the Italian South. It was Levi and Scotellaro: they were the flames that inspired the MaTerre project carried out by Rete Cinema Basilicata co-designed with the Matera Basilicata 2019 Foundation and numerous other local, national and international partners.
Mother Fortress. Interview with Maria Luisa Forenza
We meet Maria Luisa Forenza. She graduated in Foreign Languages and Literatures, in Directing at the Experimental Center of Cinematography-Rome, with Duetto, based on Alberto Moravia's “Roman Tales”, played by Giulio Brogi. Assistant to Dino Risi, Francesco Maselli, Giancarlo Sepe, after a scholarship at the Academy of Arts in Belgrade with the Serbian director Dusan Makavejev, she mainly dedicates herself to documentaries with a historical-social slant, shot in Italy and abroad, with production and distribution Rai, Rai-Trade, History Channel (Usa-Uk), Netflix. Among these: Guatemala Nunca Mas (with Rigoberta Menchù), Mussolini: the last truth, Albino Pierro: investigation of a poet (from which a multilingual theatrical show with Agneta Eckmanner, staged in Rome and Stockholm). Conceived in San Francisco, presented and awarded for Special Mention and Best Documentary in Film Festivals, Mother Fortress is the latest result of this cinematographical journey. It seemed to us an operation as for Antonioni’s depth, a reflection on evil and good understood in a metaphysical sense, investigated in their mystery with an authentic and powerful language, a road movie in the Mediterranean light, captured with splendid photography both in its spectacular power and in the dim light of a mystical place like a monastery.